Personalmente, non mi importa se lei è Gualtiero Cannarsi, una persona che ha una relazione molto vicina a Gualtiero Cannarsi, o un supervisore di Gualtiero Cannarsi, e per l'ennesima e ultima volta ripeterò dei concetti base (l'ho già fatto due anni fa): È assolutamente inutile tornare ogni singolo anno con la solita identica tiritera. Preferisco ascoltare una battuta in italiano sbilenco, però corretta, a una in italiano raffinatissimo, però scorretta. Peut-être le seul qui peut sauver la situation est la 'unité I, un nom de code derrière lequel se cache une mystérieuse jeune fille d'environ 16 ans d'une douce, mais avec des pouvoirs incroyables, qui, all'impulsivo et Yuji rebelle a entre ses mains le sort de l'humanité. Gli Sconcertanti Adattamenti Italiani dei Film Ghibli. «[Come scrivi] dà l’idea che, al contrario, sia un puro caso che Kiki o i personaggi de La collina dei papaveri lo usino al mattino e dunque la traduzione sia adeguata» 162. La cosa è paradossale perché, indipendentemente dal livello di fedeltà o meno alla lingua originale, la peculiarità stessa dell’arte del Cinema è che è in costante movimento nel tempo, il suo stesso nome significa “movimento”, quindi è assolutamente basilare che lo spettatore comprenda al volo il significato di una battuta nell’intervallo di tempo previsto per poi poter passare a quella successiva. Il suffisso さん -san, che comunemente viene tradotto come “signore”, non vuol dire affatto “signore”: affronteremo l’argomento in dettaglio nel paragrafo relativo a La tomba delle lucciole, per ora è sufficiente sapere che serve solo a specificare che si sta parlando di esseri umani e non animali o cose. Beh, veramente sì, perché né “dio” né “bestia” illustrano correttamente i significati giapponesi di kami e shishi, dandone una visione del tutto errata e del tutto soggettiva per il primo termine e solo parziale e solo soggettiva per il secondo poiché, riassumendo, shishi rappresenta il concetto di “selvaggina” in senso ampio, e kami quello di “inspiegabilità” in senso ancora più ampio. A capire il contenuto linguistico, culturale, mentale dell’originale. Cannarsi replica: La “traduzione letterale” non esiste, è uno spauracchio da maestra di scuola media. Partiamo dal fatto che le ultime tre parole sono una traduzione parola-per-parola da 通りません toorimasen. Zia: Vediamo di non scherzare! Gli ideogrammi giapponesi possono avere più sfumature di senso o anche significati a volte molto variabili in base al contesto: per esempio, l’ideogramma 子 può significare “bambino”, “figlio”, “piccolo”, “pallina”, “particella atomica”, “Topo dello zodiaco cinese”, “nord”, “novembre”, “dalle ore 23 alle ore 1 di notte” o altro ancora in base al contesto. C’è poi il solito aspetto della retorica di Cannarsi di mischiare il vero col falso: la parola 桁 keta è un jouyou kanji (“ideogramma di uso comune”), si impara in seconda media ed è comunemente presente sia nei dizionari monolingua sia in quelli giapponese-inglese e anche in quelli giapponese-italiano. édition italienne de l'anime a été basé sur la chanson thème originale japonaise. In questi cinque articoli non ho mai parlato di cose private e non ho mai citato esempi personali, ma a questo punto lo faccio ora per la prima volta: sul mio posto di lavoro le guide turistiche salutano i clienti con kon’nichiwa, se poi i clienti vogliono visitare con le guide, allora le guide iniziano il loro tour ri-salutando i clienti stavolta con o-hayou gozaimasu. Ho fatto le ore piccole! In originale infatti Jirou usa la parola けち kechi, che è la versione molto popolare e molto diffusa di 守銭奴 shusendo, ovvero “avaro”: il vocabolario Treccani suggerisce come varianti “barbino”, “gretto”, “pidocchioso”, “spilorcio”, “taccagno”, “tirchio”, “tirato”, “avido”, “cupido”, “ingordo”, “moderato”, “parco”, “sobrio”, “arpagone”, ma non “micragnoso” poiché quest’ultima è una variante regionale, ovvero una parola di limitata diffusione geografica, il che la rende tre volte errata: kechi è diffuso a livello nazionale mentre “micragnoso” è regionale, kechi è la variante popolare più usata di shusendo mentre “micragnoso” non è sicuramente la variante più popolare di “avaro” (su Google “micragnoso” ha meno di 10’000 risultati contro i 220’000 di “tirchio”), e kechi è un parola breve, secca e nota anche ai bambini mentre “micragnoso” è lunga, non comune e spesso usata con connotazioni ironiche. In realtà, però, 困ったこと komattakoto non sono due parole, ma una unica che vuol dire semplicemente “problema, questione da risolvere”, e il verbo 成る naru quando è usato in modo cortese con i sostantivi rappresenta in tutto e per tutto il verbo “essere, essere qui e ora”, mentre rappresenta il verbo “diventare” quando usato con aggettivi o avverbi che spiegano come è diventato qualcosa. Quando dici, riguardo a La collina dei papaveri, “Nella battuta adattata da Cannarsi, «Signori» non è scorretto perché al tavolo siede anche un uomo”, in realtà a quella tavola ci sono solo donne e un bambino, che se non ricordo male è il nipote della signora che parla. Per esempio, mi sembra del tutto strumentale la critica che fai alle diverse traduzioni di やる. L’autore dell’articolo è di madrelingua italiana e non laureato in lingua giapponese. Ma è un artifizio simbolico, chiaramente. Subito dopo la zia continua ad ammonire Seita con: Signorino Seita, visto che tu ormai sei grande, cerca di riflettere su quel che si chiama “mutuo soccorso”. In questo senso è comprensibile, accettabile e sinanco “normale” che una traduzione risulti sempre un po’ straniante. Questo per dire che anche se la traduzione opera una trasduzione linguistica formale, il CONTENUTO della loro comunicazione linguistica non si traduce, né si adatta. 183 follower, 1 seguiti, 564 Pin di Anime on Blu-ray! Ci occuperemo solo ed esclusivamente del confronto con la lingua originale. Nell’analizzare la parola composita シシ神 shishigami, per prima cosa bisogna chiedersi: che cos’è un kami? Adattare per dei fan invasati con un miraggio di fedeltà assoluta vuol semplicemente dire ghettizzare ancora di più un media, quello dell’animazione giapponese, che è malvisto da sempre e che a fatica cerca di diffondersi tra il grande pubblico per avere quel rispetto che meriterebbe. Non è che dice “me la dai” (poi te la rendo). Ricercando su Google Books si trovano diversi testi di aeronautica che usano “longherone” fin dal 1914. E anche se non mi piacesse, non mi verrebbe mai in mente di inveire: semplicemente non lo guarderei. Ora, poiché in giapponese esiste una regola linguistica nota come 呼び捨て yobisute che consiste nel considerare maleducato se non addirittura vietato chiamare qualcuno senza suffisso (regola che non nasce per mera educazione, ma appunto come metodo per evitare ambiguità), per sicurezza si mette sempre un suffisso, e nel caso standard (nessun coinvolgimento emotivo/sentimentale) si usa -san. – 頂きます! Itadakimasu! In effetti, come testimonia Cannarsi stesso, la sceneggiatura originale è largamente in dialetto e Seita alterna un linguaggio grammaticalmente corretto con gli sconosciuti (per esempio con la zia) con un altro molto più casalingo con la sorella, quindi i cambi di tono sono voluti e su questo aspetto l’adattamento funziona perfettamente. Nota per il lettore: questo articolo contiene possibili spoiler su tutta la serie di Neon Genesis Evangelion (compreso il film). Le premier épisode a été publié un aperçu sur le Web le jour même de la première chaîne de télévision[1]. Io ovviamente non sapevo cosa fosse un “lungarone”, o meglio, come si dice oggi, un “longherone”. Ci penso e le faccio dire “le auguro un buongiorono”. Sono nato 500 anni dopo Raffaello, ma sorprendentemente non sono morto 500 anni dopo di lui. Anche se c’è qui in questo modo ci riempe i teatri, i giornali, e dei social media non ne parliamo neanche, non è niente di dignitoso. Ma quant’è bello quando le discussioni entrano nel merito? Così accade a tantissime parole e battute nel film, elevate di livello fino a far scomparire le volontarie differenze linguistiche, di cui le battute 183 e 189 sono solo due fra i molti esempi. Ma non si può certo dire che il lavoro da lui svolto non sia approfondito o non argomentato; non si tratta di offese buttate lì dal primo che passa, ma di qualcuno che sa di cosa sta parlando, ha riflettuto bene sull’argomento, fatto ricerche e speso tempo ed energie per stilare questi articoli. Anche dire che “fra sconosciuti o civili si usano di solito altri termini” non è a mio avviso molto corretto. Ma è il suo modo di fare che gli si ritorce contro, e lo scrivo più che esplicitamente nel paragrafo finale del terzo e del quinto articolo. Ecco cos’è un kami: qualcosa di inspiegabile e che, in quanto tale, viene venerato. Di conseguenza, la diffusione di o-hayou in ambito teatrale che citi è perfettamente logica e anche riportata dalle fonti, perché gli attori sono appunto un gruppo di persone che lavora insieme, spesso anche viveva insieme. Inoltre, “fare il pasto” è un’espressione semi-inesistente (450 risultati su Google, per confronto “fare colazione” offre oltre due milioni di risultati) al contrario di meshiagare che è elegante, sì, ma perfettamente comune (oltre otto milioni di risultati su Google, per confronto persino “buon appetito” ha meno di quattro milioni e mezzo di risultati). Non è un caso, c’è un preciso corso di formazione che include il modo in cui approcciarsi ai clienti, le buone maniere, cosa dire e cosa non dire, e si specifica anche questa differenza kon’nichiwa saluto generico/o-hayou gozaimasu saluto specifico. Ti basterà camminare sopra a un lungarone!“. Ne ho approfitto per farti i complimenti e dire che apprezzo il lavoro che stai facendo con questi articoli, e ora tornerò a leggere questo lì dove l’avevo interrotto. Per i livelli successivi ci sono altri suffissi come 卿 -kyou che si usa per i nobili di sangue, oppure 殿 -dono che si usava per i signori feudali, o ancora 氏 -shi che si usa tuttora per i ministri, i dirigenti d’azienda e in generale per le persone altolocate. Tuttavia, in ottemperanza all’art. Il ridoppiaggio di Principessa Mononoke è ampiamente considerato da fan e specialisti il più emblematico degli adattamenti di Cannarsi, nel bene e nel male. Si vede benissimo invece l’incongruenza di usare un termine come “dio” che non solo per il pubblico di lingua e cultura italiana ha un significato ben preciso, ma che non corrisponde alle caratteristiche dello shishigami così come mostrato nel film. L’adattamento è però scorretto, in quanto la caratteristica base del fantasma è di essere inesistente, invece nel film Totoro esiste eccome, solo che è visibile esclusivamente ai bambini e in specifiche condizioni. Sì, io non disdegno mai il confronto. Terrain, Production, Distribution, Dates de sortie, Les Clayes-sous-Bois. Più una traduzione riesce a essere fedele, più è corretta. Così a 17 anni, facevo ancora il liceo, iniziai a scrivere articoli, speciali, dossier ecc. Secondo il dizionario giapponese antico-giapponese moderno Sanseidou, 旦那 dan’na indicava colui che faceva un’offerta in beni di lusso o soldi al tempio, e siccome solo i ricchi nobili e i ricchi commercianti potevano permettersi questo tipo di offerte, col tempo la parola è andata a indicare direttamente loro, ovvero capifamiglia (mariti) e imprenditori. De Leonardis ha preferito tenere una regola fissa da inizio a fine film: trasmettere la stessa sensazione di assurdità ininterrotta, e per farlo ha modificato di volta in volta il linguaggio perché abbia un senso visivo mentre invece l’originale aveva un senso lessicale, trasformando le gag “scritte” in gag “disegnate”. Sì: “salve”, di origine latina, che «può avere tono solenne […] oppure, tra persone che si incontrano, tono amichevole e confidenziale». (wiki in inglese da una buona spiegazione del concetto di kami: https://en.wikipedia.org/wiki/Kami) Il problema non è la forma: è il contenuto. Analizziamo la battuta: A parte l’eliminazione immotivata di “quella”, ciò che salta all’occhio è che non solo non c’è “concedere”, ma non c’è nemmeno un qualunque verbo, non c’è affatto, è una frase veramente intima e semplice. Su Garo: lo ricordo benissimo, come no, e sono senza dubbio leoni, la questione non si pone nemmeno. Qui siamo davanti al verbo やる yaru, in pratica l’equivalente giapponese del verbo italiano “fare” dato che può indicare una qualunque azione produttiva, tangibile o intangibile che sia, reale o metaforica che sia. Poi da qui si potrebbero aprire mille parentesi sul perchè alle persone con una determinata passione piaccia rimanere di nicchia (forse per sentirsi dei “privilegiati” ad apprezzare quella determinata cosa?) A volte i giapponesi si scusano dove un italiano ringrazierebbe. Un kami quindi non è nella maniera più assoluta “Dio”, che ha come attributi fondamentali quelli di «Essere supremo, concepito come perfettissimo, eterno, creatore e ordinatore dell’universo», perché i kami shintoisti non sono necessariamente supremi, non sono necessariamente perfetti, non sono necessariamente eterni, e non hanno necessariamente creato nulla. Un caso simile succedeva ne Il mio vicino Totoro, in cui la parola お化け obake era stata adattata in “fantasma”, nello stupore generale. Su questo le fonti abbondano e sono chiarissime. じいじ jiiji è una versione estremamente popolare e familiare di 爺 jii, di cui solo una delle traduzioni possibili è “nonno”. In seguito all'”importazione” del buddishimo poi, ci fu una integrazione, un sicretismo con lo shinto, perciò il concetto di kami è variato e rimane comunque ad oggi abbastanza deregolamentato. Perché è una TRADUZIONE: la sua fedeltà È La sua correttezza. Arrivo con un commento molto tardi sul caso Cannarsi, in realtà perchè ne ho letto ultimamente (non avendo mai visto Evangelion, non sapevo dell’estistenza di tal persona). Nel primo di questi, la zia dice: A mangiare del tanto sospirato riso caldo, mentre sia la mia piccina che quel giovane fanno gli straordinari, mi piange il cuore. In altre situazioni, che fossero amici, conoscenti o sconosciuti, tutti mi si sono generalmente rivolti con il saluto appropriato per l’orario (quindi ohayō, konnichiwa, konbanwa a seconda dei casi). Ricorda la famosa querelle sul fumetto Naruto, in cui alcune tecniche ninja sono chiamate in italiano e altre in giapponese. Il professor Junkers sarà dignitoso, però gli uomini della ditta Junkers sono micragnosi. La presenza del verbo gozaru e il tono più che cerimonioso ci chiarificano chiaramente che l’espressione è nata in ambiente nobile/altolocato, e in Giappone ancor più che in Europa nobile = militare. L’autore desidera ringraziare personalmente le persone coinvolte nella scrittura di questo articolo. E vale per l’animazione, per i fumetti, i videogiochi o anche per la musica metal (ma immagino anche altri generi). La cosa più paradossale è che la battuta è così forte e carica di significato da essere passata alla storia non nella versione di Cannarsi, ma in una doppia versione nata spontaneamente in seno al fandom. Nel caso generico, quindi, “signore” è più che sufficiente, e nelle traduzioni in inglese i giapponesi stessi traducono -sama come “Mr.” o addirittura “Dear”, perché appunto è solo il primissimo livello di formalità, quello con gli sconosciuti semplici, non con i potenti. Per esempio, nel romanzo Le quattro casalinghe di Tokyo di Natsuo Kirino, le amiche protagoniste, colleghe che lavorano insieme in una fabbrica al turno di notte e si incontrano sempre verso le 23:00, si salutano proprio con o-hayou gozaimasu; nell’edizione italiana il saluto è stato reso con “buongiorno” (di notte??? E ci volve intitolare il film, fu solo un colpo di mano di Suzuki a impedirglielo. Gli adattamenti parola-per-parola sono a cura dell’autore dell’articolo, disponibile a fornire qualsiasi chiarimento nei commenti a questa pagina. Non solo quasi ogni recensione sui film adattati da Cannarsi finisce inevitabilmente per almeno sfiorare o valutare questo tema, non solo i critici e i giornalisti ormai vanno al cinema col bloc notes per segnarsi le battute più improbabili, ma persino i sostenitori della sua linea pur et dur sono costretti a ritrovarsi sul forum del sito Studio Ghibli Italian Fan Site a chiedersi cosa mai significhi una certa battuta che, molto semplicemente, non hanno capito, parlandone per pagine e pagine intere. Siliquastr Queste tre battute apparentemente innocenti presentano gravi problemi a livello linguistico e culturale, sia di per sé sia messe a confronto con altri film adattati da Cannarsi. In questa battuta per esempio usa il verbo 喰う kuu, che è la versione popolana di 食べる taberu, a sua volta la versione popolare di 召し上がる meshiagaru che abbiamo visto nel paragrafo su La collina dei papaveri. Il primo caso è quello di Mario Maldesi, uno dei più celebri e importanti adattatori italiani del XX secolo che ha lavorato con i massimi film dei massimi nomi del Cinema. La versione scritta in ideogrammi 御早う御座います o-hayou gozaimasu mostra che la frase è composta da: Quindi in realtà o-hayou gozaimasu letteralmente non vuol dire affatto “buongiorno” e non contiene nessuna parola di augurio: vuol dire “è presto” in forma cortese -masu, ed è così che lo usano i giapponesi, i quali non si scambiano il saluto o-hayou gozaimasu solo la mattina, bensì a qualunque ora del giorno e della notte la prima volta che si incontrano, mentre invece il vero e proprio “buongiorno” standard dei giapponesi da usare solo la mattina è こんにちわ kon’nichiwa, che vuol dire “È (iniziato) questo giorno”. Ok, questo è il personaggio, questo è il film, giapponese. Quanto a “fate il vostro pasto”, l’espressione non ha alcun senso poiché i personaggi quella colazione la mangiano, non la preparano, e “fate il vostro pasto” significa appunto “preparate il vostro pasto”. Anche se i dizionari italiani indicano il verbo “pisciare” come popolare e non come volgare, non si vede alcuna necessità di scegliere una parola del genere per rendere in italiano la battuta 兄ちゃんションベン行くけど、節子もするか? Onii-chan shonben iku kedo, Setsuko mo suru ka? Il Vangelo della Genesi al neon. Allo stesso modo, essendo Ashitaka il principe del villaggio, la denominazione Ashitaka-sama può (non deve: può) essere resa con “sommo Ashitaka” o (in contesto) “principe Ashitaka”. Scimmia suprema-11 Luglio 2019 . E’ un qualcosa di inevitabile, come spero di aver illustrato. A tutt’oggi kimi possiede ancora una qual certa nuance di superiorità (-kun invece no), ed è usato ad esempio negli shoujo manga o nelle canzoni dai maschi per indicare la loro ragazza. Zia: Buon lavoro! Ma Mkiyazaki fin da subito intendeva quel kanji con la sua lettura e significato antichi, che sono “shishi – bestia selvaggia dalle carne edibili all’uomo, soprattutto cervi e cinghiali”. Sì, ok, era il concetto base che mi interessava. Ah bene, quindi stava mentendo anche su quello, e io che continuo a considerarlo in buona fede. Ma se Maldesi lavorava per trasposizione culturale, De Leonardi per trasposizione visiva e la Valeri Manera per trasposizione di target, qual è invece il fulcro degli adattamenti di Cannarsi? Forse farebbe anche ridere se non fosse che tocca sorbirci gli “adattamenti” di un tale personaggio. Ma non sono io a scegliere cosa sia oggettivo e cosa sia soggettivo. Cannarsi invece si lava le mani dai suoi errori: se i dialoghi sono astrusi, se i significati sono criptici, se i dialoghi sono sbagliati non è colpa sua, è solo un «”effetto collaterale” all’operato di “fedele traduzione”. -San invece comunica solo che si sta parlando di un essere umano e non di un luogo o una cosa. Sembra che la stia insultando? Scusami il post lungo, ma purtroppo sono logorroico di natura. Movie Character. È chiaro il senso di questi articoli o no? Probabilmente il concetto in lingua italiana più vicino a kami è proprio quel “divinità” che Cannarsi rifiuta, poiché con questa parola si intende «ciascuno degli dèi, secondo la concezione delle varie religioni»: se per lo shintoismo persino uno scheletro gigante è un kami, in quanto fenomeno inspiegabile, allora quello scheletro sarà indicabile in italiano come “divinità”. In pratica è strettamente vietato ovunque, meno dentro casa dove pure però si usano -chan e -kun. Per me il discorso riportato all’inizio dell’articolo è folle ed è il centro di tutto il disprezzo che provo per il suo lavoro… Ha mantenuto le «permanenze»? シシ神の森? Shishigami no mori? Ecco il problema: non la traduzione in sé, ma l’adattamento che non tiene conto del contesto linguistico generale e, scegliendo una parola di valore esagerato (“sommo” invece di “signore”, “pulzella” invece di “fanciulla”, “stupendo” invece di “bello” nel celebre «Un pochino più stupendo» di Kiki, eccetera), amplifica in maniera esagerata il registro linguistico del testo originale, tradendone il valore, il tono e persino il significato. Cosa si capisce? «E’ una traduzione corretta che funziona, perché veicola, dico io, il giusto significato e la giusta portata del significato. Si fanno un sacco di ricerche. Un negozio? È naturale che neanche Cannarsi possa arrivare a usare lo stesso verbo italiano per coprire tutta questa gamma di significati (“fare” è del tutto inappropriato, quando non palesemente sbagliato). Gualtiero Cannarsi nell’occhio del ciclone: il suo doppiaggio non piace. E’ una traduzione corretta che funziona, perché veicola, dico io, il giusto significato e la giusta portata del significato. Adattare Seita-san come “signorino Seita” quindi è doppiamente errato, perché -san non solo non è una vera parola da tradurre (a parte specifici casi) in quanto indica solo che si sta parlando di un essere umano, ma per di più tradurla come “signorino” in italiano conferirebbe al personaggio un preciso ruolo sociale che non è certo quello presente nel film.

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