del bilancio totale statale, in quanto poca era la spesa "sociale", mentre tutto il resto era utilizzato in progetti di prestigiose costruzioni a Roma e nelle province; a ciò si aggiungeva un sussidio in grano per coloro che risultavano disoccupati, oltre ad aiuti al proletariato di Roma (congiaria) e sussidi alle famiglie italiche (simile ai moderni assegni familiari) per incoraggiarle a generare più figli. Il merito storico dell'aristocrazia romana non si evidenziò tanto nello sviluppo di un'economia dinamica, imprenditoriale, quanto nel modo in cui seppe amministrare i paesi ed i popoli sottomessi con un minimo uso della forza (fanno eccezione gli ebrei, culturalmente refrattari al dominio romano)(Giorgio Ruffolo. Al tempo di Augusto, una volta divenuto padrone indiscusso del mondo romano, vennero organizzate numerose campagne militari di pacificazione del fronte africano orientale, anche con scopi esplorativi e commerciali, in un periodo compreso tra il 29 a.C. e l'1 d.C., come è ricordato anche nei Fasti triumphales del periodo:[68]. Per molti anni il. Il futuro decadimento dell'economia imperiale fu conseguenza anche della graduale decadenza dell'agricoltura, che pian piano perse la capacità di rifornire i mercati cittadini. Nei primi due secoli dell' Impero romano lo sviluppo dell' economia si era basato essenzialmente sulle conquiste militari, che avevano procurato terre da distribuire ai legionari o ai ricchi senatori, merci da commerciare e schiavi da sfruttare in lavori a costo zero. La crisi produttiva, i cui sintomi si erano già evidenziati durante l'Alto Impero, si manifestò in tutta la sua virulenza dal III secolo d.C. in poi con l'accentuarsi dell'instabilità politica. *FREE* shipping on eligible orders. Solo agli humiliores erano riservate le punizioni più dure ed infamanti, come la fustigazione e la pena di morte. Il sistema agricolo romano era autosufficiente per la maggior parte della popolazione romana. L'agitazione civile e i conflitti la resero non più sufficientemente sicura per permettere ai commercianti di viaggiare come prima e la crisi monetaria rese gli scambi molto difficili. Inoltre, l'instabilità politica ebbe pesantissimi effetti anche sui traffici commerciali. La società imperiale dimostrò una forte capacità di assorbire per un certo numero di generazioni la spinta al ricambio che veniva dal basso, e a incanalarla in un rapporto di fedeltà al regime, al tempo stesso facendone un indispensabile strumento di governo (Luigi Bessone, «Tecniche primitive, organizzazioni deboli e soprattutto mentalità ancorate a una cultura aristocratica impedirono che lo sviluppo mercantile investisse, trasformandola, la base produttiva della società, e che da quello nascesse una borghesia produttiva. Numerose sono le iscrizioni che riportano di un calmiere di prezzi applicato alle prestazioni di prostitute. Il bilancio militare all'inizio del III secolo era salito a 3 miliardi di sesterzi, pari al 75% della spesa pubblica, che a sua volta contava per il 20% del Pil. Frequenti furono gli scambi di merci con i popoli settentrionali, a nord dei confini imperiali di Reno e Danubio, della Germania Magna, di Sarmatia e Scandinavia. La maggior parte delle merci importate da queste regioni erano beni di lusso. Solo nella tarda età repubblicana cominciò ad affermarsi economicamente la classe sociale degli equites, che traeva le proprie ricchezze non dall'agricoltura, bensì dal commercio, dalle industrie e dalla finanza (riscossione delle imposte e prestiti a interesse). In alcuni territori come la Palestina, la coltura del grano avveniva ad anni alterni. Specie in Occidente la città era prima di tutto un centro amministrativo, attraverso il quale veniva esercitato il controllo e lo sfruttamento della regione agricola circostante, ma era anche il luogo dove veniva distribuita e consumata la ricchezza prodotta ed il centro di diffusione dei modelli di comportamento della società imperiale (Luigi Bessone, Da Narbona a Cartagine si impiegavano in media cinque giorni di navigazione, da Marsiglia ad Alessandria, invece, trenta (. Quando nel IV secolo d.C. (324) Costantino trasformò Bisanzio in una nuova capitale, Roma cessò di essere il centro economico dell'impero. Oltre a ciò, la conquista contribuì ad un aumento permanente delle entrate nelle casse dello Stato grazie alle miniere della Dacia occidentale che furono riaperte sotto la sorveglianza dei funzionari imperiali.[112]. I successori, infatti, non si discostarono molto dalla linea augustea, a parte Traiano che portò l'Impero alla sua massima estensione anche per assicurarsi le miniere d'oro della Dacia ed il controllo delle vie carovaniere dell'Oriente: il beneficio fu comunque solo momentaneo. Function: _error_handler, File: /home/ah0ejbmyowku/public_html/application/views/user/popup_harry_book.php Angus Maddison (2007): "Contours of the World Economy, 1–2030 AD. [26] Molta gente, infatti, disperata ed esasperata dalle guerre e dagli eccessi della tassazione, si diede al brigantaggio, taglieggiando viandanti e possidenti ed intercettando i rifornimenti, con grave aumento del danno per l'economia. Keith Hopkins (1995/6): "Rome, Taxes, Rents, and Trade". [36], Difficile ricostruire con esattezza il volume degli scambi di grano all'interno dell'Impero romano. La piccola proprietà terriera, inoltre, era messa in crisi anche da altri due elementi: Ci fu un tentativo da parte del tribuno della plebe, Tiberio Gracco (nel 133 a.C.), fu quella di proporre una legge (lex agraria), con l'aiuto del pontefice massimo Licino Crasso e del console Publio Muzio Scevola, che prevedesse una redistribuzione delle terre del suolo italico, usurpate dai ricchi ai più poveri e offerte ai forestieri per essere lavorate. numerosi monumenti in tutte le province imperiali; la creazione di una fitta rete stradale con un ottimo livello di manutenzione, istituendo numerosi, nuovi porti commerciali e nuove attrezzature portuali come moli, banchine e fari, a partire dal vicino, l'escavazione di canali e nuove esplorazioni (a volte anche militari oltreché commerciali) in terre lontane come l'. A partire dal II secolo a.C. le continue guerre di conquista finirono per tenere il contadino (piccolo proprietario terriero) lontano dalla propria terra per lunghi anni[19], con il risultato che le piccole aziende agricole, in mancanza del padrone (impegnato nell'esercito), non riuscivano più a rendere come in precedenza e le famiglie non erano più in grado di far fronte al tributum, ovvero alle tasse che i possidenti dovevano pagare allo Stato. Le merci importate dall'India erano incenso, spezie, seta, avorio, lana e tessuti. Nell'epoca repubblicana l'Italia era una forte esportatrice di vino, olio e ceramiche (Giorgio Ruffolo. Alla fine dopo una serie di duri scontri verbali tra i due tribuni, Tiberio venne ucciso e i poveri contadini non poterono nulla contro i grandi latifondisti. Passati i secoli di splendore, Roma diventerà un peso sempre più opprimente per l'economia dell'Impero. Nei loro stessi latifondi cominciarono a concentrarsi attività industriali ed artigianali, capaci di renderli autosufficienti (la conseguenza fu un'ulteriore riduzione delle opportunità di lavoro per i ceti medi cittadini, già in difficoltà per la crisi dei traffici commerciali) e, nel caos generale che anticipò la caduta dell'Impero romano d'Occidente, cominciarono a provvedere da sé alla tutela delle loro proprietà, assoldando eserciti privati (i cosiddetti buccellarii). Alla lunga, la conclusione della politica espansionistica che fece mancare le usuali risorse del bottino di guerra, la diminuzione della moneta circolante (la produzione delle miniere era inferiore alla richiesta di metalli preziosi), la scarsità e quindi l'aumento del prezzo di mercato degli schiavi, resero le spese sempre più insostenibili, mentre la pressione fiscale si rivelava inefficace. [3][4] E sebbene si praticasse le rotazione delle colture, nel complesso la produttività agricola rimaneva molto bassa: 1 tonnellata circa per ettaro. Con la crisi del III secolo questa ampia rete commerciale fu rotta. [74] Altre sepdizioni furono condotte per esplorare nuove vie carovaniere per il commercio con l'Africa subsahariana, tra le quali ricordiamo quelle condotte fino al lago Ciad ed al fiume Niger, in un periodo di tempo compreso tra il 19 a.C. e l'86 d.C.. Università Cattolica del Sacro Cuore. Si calcolano dai 250 ai 500 abitanti per ettaro nelle città fondate dai Romani (sfondo verde). (dal 150 al 215). Qui lo scenario mostra un'azione simile ad un calanco su vasta scala, generato da un dilavamento delle acque su rocce ricche di giacimenti d'oro. Al macellum, inoltre, era possibile trovare anche cibi preconfezionati e verdure "esotiche", o comunque di non facile reperibilità. La legge avrebbe limitato l'occupazione delle terre dello stato a 125 ettari e riassegnava le terre eccedenti ai contadini in rovina. Patterson 1972, p. 216, table 2; Callataÿ 2005, pp. Comprendeva non solo le distribuzioni gratuite di denaro o generi alimentari, ma anche l'allestimento di giochi, feste e gare, oppure la realizzazione di templi, circhi, terme e teatri. Dato che i nullatenenti non avevano niente ed i ricchi contavano su appoggi e corruzione[48] chi ne pagò il costo furono il ceto medio (piccoli proprietari terrieri, artigiani, trasportatori, mercanti) e gli amministratori locali (decurioni), tenuti a rispondere in proprio della quota di tasse fissata dallo Stato (indizione[49]) a carico della comunità per evitare l'evasione fiscale. Il latifondo dette gradualmente vita all'«economia delle ville romane», centri di produzione agricola sempre più ampi e sontuosi. Si potrebbe sostenere che tutta l'organizzazione politica dell'Impero era modulata sulla duplice esigenza di rifornire di frumento la capitale e le legioni di stanza ai confini. La grave crisi che ne conseguì ne provocò gradualmente la decadenza, fino ad arrivare nel V secolo d.C. alla caduta della parte occidentale ad opera di popolazioni germaniche[6]. Invece, ciò cui massimamente tendevano gli, Da Narbona a Cartagine si impiegavano in media cinque giorni di navigazione, da Marsiglia ad Alessandria, invece, trenta (. Piuttosto che importare i prodotti, cominciarono a produrre molti beni localmente, spesso sulle loro stesse proprietà di campagna, dove tendevano a rifugiarsi per sfuggire alle imposizioni dello Stato a carico dei cittadini. L'Optimus Princeps poté così impegnarsi a migliorare le condizioni di vita del populus romanus, cominciando a rafforzare la viabilità lungo le principali vie di comunicazione che si diramavano dall'Urbe (come la via Traiana, che iniziava presso un arco a lui dedicato a Benevento); costruendo ex novo un nuovo porto esagonale nella zona di Fiumicino, oltre ad un nuovo acquedotto ed un nuovo complesso termale presso il Colosseo; ricostruendo ed ampliando il Circo Massimo; rinnovando il centro della città di Roma con la costruzione di un immenso foro e dei mercati ad esso contigui, avvalendosi dell'architetto Apollodoro di Damasco. I senatori latifondisti ed i ricchi imprenditori (banchieri, armatori, alti funzionari), che avevano privilegi esorbitanti e vivevano di rendita in un lusso sfarzoso, cominciarono a preferire la vita in campagna a quella in città. Svetonio racconta di un episodio curioso legato al vino ed al suo prezzo ai tempi dell'imperatore Augusto: «Sed ut salubrem magis quam ambitiosum principem scires, querentem de inopia et caritate vini populum severissima coercuit voce: satis provisum a genero suo Agrippa perductis pluribus aquis, ne homines sitirent.», «Ma è risaputo che fosse un principe più rivolto al bene pubblico che ambizioso, quando il popolo si lamentava della mancanza di vino e del suo prezzo, lo redarguì severamente a voce: da suo genero Agrippa, si era abbastanza provveduto alla costruzione di molti acquedotti affinché nessuno avesse sete.». Come se non bastasse, ricomparvero malaria e peste (tenute sotto controllo nell'Alto Impero), che infierirono su popolazioni ormai indebolite dalle guerre e dalle endemiche carestie. [5] Per questo motivo l'economia appariva prospera ("secolo d'oro"). Milano, 3-5 giugno 2004. A causa delle tecniche di conservazione (soprattutto la bollitura), il vino risultava essere una sostanza sciropposa, molto dolce e molto alcolica. Il problema della scarsità di contante fu avvertito già in età augustea: non rari furono i casi di veterani trattenuti in servizio oltre la scadenza della ferma, perché mancavano i soldi per le liquidazioni (Luigi Bessone, Il bilancio militare all'inizio del III secolo era salito a 3 miliardi di sesterzi, pari al 75% della spesa pubblica, che a sua volta contava per il 20% del Pil. Il banchiere dell'epoca romana risalirebbe al 250 a.C. durante le guerre contro i Sanniti[78]. Passati i secoli di splendore, Roma diventerà un peso sempre più opprimente per l'economia dell'Impero. I poteri di fatto erano gestiti da una vera e propria categoria sociale (a Roma li chiamavano. Con la scomparsa nella tarda età repubblicana della classe dei piccoli proprietari terrieri (i contadini-soldati che avevano contribuito all'espansione di Roma fino al II secolo a.C.), costretti ad abbandonare i propri poderi a causa da un lato delle esigenze del servizio militare prolungato, dall'altro dell'impossibilità di competere con i latifondi dei ricchi proprietari terrieri che potevano sfruttare la manodopera servile a costo zero, la produzione agricola nel corso dell'età imperiale si concentrò sempre di più nei latifondi (presenti soprattutto nell'Italia meridionale) e nelle villae rusticae (presenti in particolare nell'Italia centrale), in cui il lavoro degli schiavi[20] era organizzato in modo altamente efficace proprio per realizzare prodotti in eccesso da vendere poi nei mercati urbani. [31], Le spese militari costituivano quindi il 75% ca. Il problema della scarsità di contante fu avvertito già in età augustea: non rari erano i casi di veterani trattenuti in servizio oltre la scadenza della ferma, perché mancavano i soldi per le liquidazioni (Luigi Bessone, In età augustea il costo delle legioni era intorno alla metà della spesa pubblica totale, ma rappresentava solo il 2,5 per cento del Pil. Il futuro decadimento dell'economia imperiale fu conseguenza anche della graduale decadenza dell'agricoltura, che pian piano perse la capacità di rifornire i mercati cittadini.[7]. Negli anni recenti, la questione demografica è stata oggetto di crescenti ricerche da parte degli studiosi moderni,[7] con stime della popolazione dell'Impero romano pari ad un minimo di 60-70 milioni di abitanti fino a 100 milioni. Secondo stime recenti, durante l'età imperiale, il 30-40% della popolazione era impiegata in questo settore. Si trattava, insomma, di una vera fabbrica rurale organizzata.[28]. Nella prima età repubblicana la forma più comune di azienda agricola era quella basata sulla piccola proprietà, in cui il padrone lavorava personalmente il podere con l'ausilio di schiavi o braccianti liberi salariati. L'introduzione del colonato (i latifondi furono suddivisi in piccoli lotti, affidati a coltivatori o coloni provenienti dalla categoria degli schiavi o dei braccianti salariati, che si impegnavano a cedere una quota del prodotto al padrone e a non abbandonare il fondo) permise di recuperare alla produzione terreni prima trascurati: lo schiavo era incentivato ad accettare questa condizione giuridica perché aveva qualcosa in proprio per nutrire sé e la famiglia (evitando anche il rischio dello smembramento del nucleo familiare per vendite separate), il lavoratore libero invece ebbe di che vivere, anche se dovette rinunciare a gran parte della propria autonomia perché obbligato a prestare i propri servizi secondo le esigenze del latifondista che gli aveva affidato in affitto la propria terra. Mentre la società repubblicana fu caratterizzata dalla rigidità dell'oligarchia senatoria nel difendere i propri privilegi, la società imperiale si rivelò più mobile e aperta, favorendo l'emergere di un'ampia classe media e l'affermazione di un ceto professionale e burocratico (professionisti, ufficiali, funzionari imperiali, impiegati),[10] proveniente in particolare dall'ordine equestre. In Spagna la produzione di olio andò sempre più diminuendo, mentre le grandi miniere chiusero del tutto già verso la fine del IV secolo. L'avanzamento sociale (possibile solo con la carriera militare, burocratica o ecclesiale) non derivava dalla competizione sui mercati, bensì dai favori provenienti dall'alto. Altrettanto importante fu il Nilo in Egitto, utilizzato per il trasporto di grandi quantità di frumento. La produzione toscana verrà poi soppiantata nel corso del I secolo d.C. da quella della Gallia meridionale e, infine, africana. L'economia romana ovvero della Civiltà romana si basava principalmente sul settore agricolo e del commercio, in misura minore su quello dei servizi (società pre-industriale). Al tempo del proprio splendore Roma, popolata da circa un milione di persone (di cui un terzo erano schiavi[103]), giunse ad importare fino a 3,5 milioni di quintali di frumento ogni anno[104], per l'epoca quantità astronomica: almeno tra le 200 e le 300 000 persone vivevano grazie alle distribuzioni gratuite di frumento (ed in un secondo tempo, di pane, olio di oliva, vino e carne di maiale), quindi, calcolando le famiglie degli aventi diritto, si può sostenere che tra un terzo e la metà della popolazione dell'Urbe vivesse a carico dello Stato (la chiamavano la "plebe frumentaria"). Nel villae rusticae erano presenti frantoi, stalle e orti, e tutto intorno campi coltivati.